Ordine del Giorno approvato dalla V° Conferenza di federazione di Lecco

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I giovani comunisti e le giovani comuniste fanno propria la lotta dei 7 operai della Marcegaglia S.P.A da quasi un anno in conflitto con i vertici dell’azienda dopo la chiusura del polo “Marcegaglia Build” di Milano.

L’Impero Marcegaglia, che trasforma in media 5 milioni di tonnellate di acciaio ogni anno, è certamente una delle potenze industriali che maggiormente ha il potere di influenzare le scelte politiche riguardanti in particolare il mondo del lavoro, come dimostra il job acts.
Occupando la propria fabbrica per giorni e manifestando presso le diverse unità locali che la Marcegaglia ha dislocate per il territorio lombardo, questi lavoratori sono un esempio di dignità e non rassegnazione nei confronti di un’azienda che non ha nessuna intenzione di ricollocarli in altri siti produttivi e che probabilmente sta tentando di licenziarli definitivamente.

Ovviamente rifuggendo ogni proposta situazionista, riteniamo che la lotta di classe, laddove viene utilizzata degnamente con pratiche non solo concertative, rappresenti uno strumento serio da utilizzare contro la logica dominante della sottomissione dei lavoratori e delle lavoratrici imperante nel mercato del lavoro attuale.
Che Marcegaglia sia un modello vertenziale sul quale riflettere a proposito della vessazione delle classi subalterne. I giovani comunisti e le giovani comuniste si impegnano a monitorare ed a mettersi al fianco dei lavoratori e delle lavoratrici nelle lotte territoriali, impostando una campagna nazionale ad hoc che rivendichi la nazionalizzazione di quelle grandi industrie, come la Marcegaglia, autrici del più becero capitalismo industriale odierno.

Federazione Giovani Comuniste/i Lecco

Di ritorno dalla seconda carovana antifascista per il Donbass

FONTE http://www.noisaremotutto.org/

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Da quando abbiamo attraversato il confine novorusso nei pressi di Donetsk russa e ci siamo trovati difronte la nitida immagine che trasmette la desolazione portata dalle problematiche e dalle sofferenze dalla guerra, non abbiamo più voluto cancellare dalla mente nè abituarci allo scenario che ci saremmo trovati davanti in Donbass.

Il nostro ultimo impatto con questa martoriata terra sono le sue strade di campagna che ci conducono di ritorno verso il valico doganale, strade che percorriamo per chilometri con estrema lentezza perchè scavate e distrutte dai solchi dovuti, in primis, all’abbandono e all’incuria del periodo post-sovietico, poi dal continuo passaggio di mezzi militari pesanti e carroarmati.

Intorno a noi lo scenario è agghiacciante: edifici distrutti da bombardamenti e case dalle pareti “picchettate” dal fuoco delle mitragliatrici. Riusciamo a sentire ancora forte l’odore di polvere da sparo. Al confine transitiamo tra due interminabili file di auto, quelle di una parte consistente della popolazione che può permettersi di fare la spola tra le proprie case nel Donbass e la più sicura Russia, dove magari le proprie famiglie sono riuscite a rifugiarsi. Salutiamo i miliziani che ci hanno scortato fin qui, e li ringraziamo: “Spasiba!” e la risposta è sempre la stessa “Spasiba vam!” (grazie a voi).

Questa è l’impressione che ci consegna la seconda carovana antifascista ormai volta al termine: siamo riusciti davvero a svolgere un lavoro importante e a fornire un aiuto consistente.

Osservare con i propri occhi e vivere con i propri corpi ciò che questo conflitto sta producendo ormai da più di un anno, sicuramente non è paragonabile all’informarsi tramite articoli e fotografie, attività comunque fondamentale che noi stessi cerchiamo di portare avanti al meglio attraverso i nostri progetti. Entrare nel contesto reale delle situazioni aiuta la comprensione, seppur sempre parziale, di una realtà difficile fatta di coprifuoco e strade presidiate, negozi e attività chiuse o dagli scaffali vuoti impolverati, mancanza di servizi di prima necessità come l’acqua o la corrente elettrica, povertà e difficoltà che facilmente spiegano le città per gran parte svuotate dei propri abitanti.

Siamo tra i pochi occidentali a essere venuti fin qui dallo scoppio della guerra, sicuramente i soli ad averlo fatto in così tanti in gruppo. Antifascisti da Italia, penisola iberica, Germania, Grecia, Turchia, Inghilterra, Russia e non solo. Antifascisti provenienti da quei paesi i cui governi stanno supportando la junta di Kiev e le mire imperialiste targate NATO. “Spasiba”, ci dicono i novorussi sorpresi e commossi dalla nostra solidarietà.

Abbiamo consegnato quantità consistenti di aiuti umanitari (medicinali, cibo, indumenti, giocattoli) a varie brigate di miliziani di differenti città, alla popolazione, ad una mensa popolare gestita dalla Brigata Prizrak, a un asilo dove i bambini rappresentavano e festeggiavano a loro modo la gloriosa Giornata della Vittoria, e per i quali abbiamo costruito, insieme ai miliziani, un piccolo parco giochi in un giardini pubblico. “Spasiba”, continuano a ripeterci. “Spasiba vam”, stavolta lo ripetiamo noi. Grazie a voi che qui resistete.

La Banda Bassotti ha suonato più volte in questi giorni, su palchi veri o improvvisati, circondati, tanto dalle bandiere delle resistenze di tutto il mondo, bandiere che sottolineavano il carattere antifascista e internazionalista della nostra iniziativa, quanto dagli abitanti locali che, insieme agli slogan per la Novorossija e contro il fascismo, intonavano il coro “Spa-si-ba!” verso di noi..

Il nostro contributo materiale non può che essere una goccia nel mare di cui avrebbe bisogno la Novorossia, e non può dunque che assumere un valore tutto sommato simbolico, ma valorizzato dai sorrisi, le lacrime e dai ringraziamenti delle persone comuni e dei miliziani, in un contesto in cui gli stessi governi delle Repubbliche Popolari paiono talvolta contenitori vuoti o distanti dagli interessi della popolazione ai cui bisogni reali ed alla voglia di normalità sono incapaci di rispondere, per cause soggettive e oggettive. Ad alcuni di questi bisogni, talvolta, riescono più propriamente a rispondere le milizie, il cui consenso tra la popolazione è facilmente apprezzabile.

In un contesto di guerra le dinamiche dialettiche tra il “politico” ed il “militare” sono sbilanciate sul secondo aspetto e all’interno di questo rapporto le componenti comuniste non sono sempre sostenute come sarebbe necessario, tanto che talvolta altre forze cercano di metterle all’angolo all’interno del fronte composito della Resistenza, tenuto saldo dalle necessità contigenti a cui è sottoposto durante la guerra, ma al cui interno si manifestano interessi politici e di classe differenti.

Il carattere politico della carovana, ben rappresentato nel Forum internazionale dell’8 maggio (di cui abbiamo fatto qui http://www.noisaremotutto.org/2015/05/09/sulle-note-dellinternazionale-alcune-iniziali-considerazioni-sul-forum-internazionale-tenutosi-ad-alcevsk-8-maggio/ le prime considerazioni), partecipato da più di 200 persone provenienti da differenti paesi e contesti mondiali, ha rappresentato un aiuto concreto anche in questa direzione. Il messaggio che i miliziani della Prizrak hanno voluto lanciare attraverso di noi, come spiegato attraverso le suggestive parole dei Comandanti Mozgovoi e Markov (dell’Unità comunista 404), è che, mentre i governi occidentali inviano armi e sostegno economico alla junta di Kiev, altri occidentali, gli internazionalisti, si muovono nell’ottica opposta per la costruzione di rapporti di solidarietà di classe e collaborazione concreta, reale e fortemente politica contro il fascismo e l’imperialismo.

Ringraziamo ancora la Banda Bassotti per aver funto da catalizzatore per questa importante iniziativa che si fa faro di luce in un desolante panorama politico nostrano, all’interno del quale nessuna realtà politica organizzata riesce a farsi soggetto di rappresentanza politica reale dei comunisti e degli interessi di classe dei proletari nel cuore dell’Europa, dove si continuano a perseguire interessi particolari piuttosto che comuni e dove molte delle forze che si presentano come progressiste non riescono a uscire da un agire culturalmente eurocentrico che di fatto impedisce la stessa lettura, cosciente e critica, degli scenari e dei conflitti che si danno sul piano internazionale.

Restano l’importante segnale che si è dato e la necessità e volontà di proseguire il lavoro intrapreso, forti, oltre che delle nostre convinzioni e analisi, delle emozioni dateci da questa esperienza.

Sfilare il 9 maggio, per il Giorno della Vittoria, insieme alla popolazione e alle milizie per le strade di Alcevsk, cantando insieme ai Novorussi l’Internazionale e la Canzone della Vittoria, con il nastro di San Giorgio che decorava ogni giacca e colletto, ogni statua e monumento, ogni manifesto e ogni scritta, ogni ricordo del passato e ogni speranza e forza di lottare per il futuro, emozionati dal sentimento di orgoglio e di rivalsa che questi territori e queste genti sprizzavano da tutti i pori non può che darci una incredibile forza per portare avanti e dar seguito ai nostri progetti.

Per questo, ancora una volta, il più grande ringraziamento va alle popolazioni del Donbass e alle milizie, la cui lotta è contributo politico fondamentale per l’organizzazione di classe internazionalista. Lavoreremo per riportare idealmente all’interno di ogni lotta quel abbraccio collettivo gonfio di commozione e senso di unità. Spasiba!

Divisi non siamo niente. Uniti e organizzati NOI SAREMO TUTTO!

NON UN PASSO INDIETRO!

1 maggio 2015: la vera violenza è quella di EXPO

Pubblichiamo il contributo del compagno Marco Nebuloni redatto per il blog de “La città futura”
http://www.lacittafutura.it/italia/1-maggio-2015-la-vera-violenza-e-quella-di-expo.html

A Milano, nel giorno della festa dei Lavoratori, si è alzato il sipario su Expo, vetrina delle peggiori multinazionali del cibo, del malaffare e del raccapricciante concetto del “lavoro volontario”. Contro tutto questo la risposta del movimento NO EXPO è stata chiara ed esplicita: migliaia di persone sono scese in piazza per denunciare e proseguire una lotta senza quartiere contro tutto ciò che di truce e di violento Expo stesso incarna e promuove, sotto la pelosa coltre di tanti bei proclami. Cronaca e riflessioni su una giornata di lotta.

di Marco Nebuloni

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Un corteo immenso in una Milano sotto la pioggia. Decine di migliaia di persone, forse 30.000, hanno sfilato pacificamente tra le vie del capoluogo lombardo per denunciare senza riserve le infinite nefandezze che si celano, nemmeno troppo nascostamente, dietro Expo.

Tanti i movimenti, le associazioni, i sindacati e i partiti presenti. Tantissimi i singoli cittadini, stanchi della propaganda di giornali e tv che tace o mente quotidianamente sugli sprechi, i danni, il malaffare e lo sfruttamento causati e dovuti ad Expo. Grandi assenti i sindacati confederali, intenti a celebrare il rito stanco del Primo Maggio, dimentichi forse che l’inaugurazione di Expo il 1 maggio sarebbe stata in sé una causa più che sufficiente di mobilitazione generale.

I comunisti hanno partecipato in gran numero. Lo spezzone dei Giovani Comunisti/e e di Rifondazione Comunista, ordinato e disciplinato, determinato e radicale, ha garantito sicurezza e tranquillità a una grossa parte del corteo, trovandosi a guidare diversi settori lasciati disorientati a causa degli scontri. Durante la manifestazione i comunisti hanno voluto connettere la battaglia No Expo alla giornata mondiale dei lavoratori e alla lotta contro il capitalismo, per il socialismo.

Proprio nel mezzo del corteo si sono verificati gli episodi di disordine e violenza, all’altezza del centralissimo corso Magenta. Banche e multinazionali devastate, auto danneggiate e date alle fiamme e cassonetti divelti. Il tutto nella sostanziale inerzia delle forze dell’ordine, intente, invece, a bloccare l’accesso alle vie più centrali, attorno al Duomo e a Piazza della Scala. Gli elementi antagonisti del blocco nero hanno agito contro le stesse disposizioni del Coordinamento No Expo, in maniera improvvisa sebbene ampiamente prevedibile.

Nel momento dei disordini Rifondazione e i GC, seguiti da sindacati di base e altri movimenti, hanno imboccato un percorso alternativo che consentisse alla metà del corteo, ormai isolata dalla testa della manifestazione, di poter continuare la protesta in serenità. Il servizio d’ordine dei comunisti si è dimostrato ampiamente all’altezza del difficile compito.

I mezzi di comunicazione hanno subito sfruttato le violenze e i disordini per macinare consenso alla causa dei padroni. Renzi e Pisapia hanno profuso lacrime per la bellissima EXPO e la bellissima Milano danneggiate dai soliti teppisti “figli di papà”, mentre Maroni ha disposto risorse regionali per rimborsare i danni, sebbene le banche e le auto danneggiate siano senza dubbio assicurate. Chi voleva che ci fossero scontri e tafferugli è rimasto soddisfatto e ha potuto innescare l’ennesima guerra al ribasso.

La realtà è però che la violenza vera, quella che miete decine di milioni di morti ogni anno nel mondo, macchia proprio gli sponsor di Expo. Le grandi multinazionali del cibo, del cemento, degli affari sporchi, i monopoli mondiali dell’acqua e delle sementi, i governi imperialisti e guerrafondai, la malavita organizzata e i centri del potere mafioso, sono questi i veri violenti che si nascondono dietro alle vetrine, peraltro non ancora completate, dei padiglioni Expo. Il solo bilancio esorbitante di Expo deve essere considerato una cruda violenza in faccia alla fame e alla malnutrizione nel mondo.

Proprio nel giorno del corteo la stampa ha diffuso due notizie che rendono lampante la vergogna che rappresenta l’esposizione universale. La prima riguarda la circolare emanata dall’Assessore regionale Aprea alle scuole lombarde in cui si invitano gli insegnanti a portare i bambini all’esposizione e a usufruire della convenzione stipulata tra Regione e McDonald’s per un pasto scontato e un gelato gratis. La seconda è la scoperta dell’uso sistematico che la Monsanto, colosso multinazionale del cibo, fa di milizie private armate a difesa dei propri interessi nel mondo.

Questa è Expo che “nutre il pianeta”. Cibo spazzatura, multinazionali e violenza armata. Come se non bastasse c’è molto di più.

La cementificazione maniacale che la Lombardia ha vissuto negli ultimi anni, con autostrade inutili i cui cantieri difficilmente termineranno a breve, e la stessa superficie dell’esposizione, ricavata su suolo precedentemente agricolo, hanno irrimediabilmente danneggiato l’ambiente, senza ricadute positive per il territorio. Il tutto a spese dei contribuenti, attraverso i finanziamenti pubblici diretti o tramite la Cassa depositi e prestiti.

Lo sfruttamento sistematico di lavoro sottopagato, con 18.000 giovani volontari e 2.000 a contratto precario, già impugnati dai sindacati di base per evidenti margini di illegalità, è diventato paradigma generale. Nei cantieri è ancora peggio: non si contano gli incidenti, anche mortali, e appalti e subappalti in cui prolifera lavoro nero, insicuro e mal pagato, con ritmi di lavoro disumani. Anche per questo alcuni cantieri sono stati sequestrati dalla magistratura.

Infine l’uso mafioso delle risorse. Miliardi di soldi pubblici letteralmente sprecati da una filiera interminabile di corruzione e malversazione: non si contano gli arresti e le inchieste che riguardano direttamente Expo e tutte le opere collegate. Appalti vinti da aziende amiche ed enti collegati, progetti inutili e costosissimi, risorse destinate ad opere che difficilmente saranno mai realizzate. Il debito dell’amministrazione pubblica, Come, Regione e Stato, non è ancora stato del tutto stimato, ma è certo che molti servizi ai cittadini, come i trasporti, subiranno ingenti tagli già nei mesi subito successivi ad Expo.

I disordini degli incappucciati, così gonfiati dalla propaganda, per quanto scellerati non possono minimamente cancellare l’immane porcheria che è Expo, il cui macigno peserà sull’Italia per diversi anni.

Questo il comunicato dei Giovani Comunisti di Milano: “Il copione mediatico di queste ore per delegittimare la protesta era già scritto. Ma la necessità di contrastare questi gruppi e impedire queste azioni teppistiche fine a se stesse è cosa che riguarda il movimento stesso nel suo insieme, che ancora una volta non è stato in grado di autodifendersi. Di certo non accettiamo lezioni dai servi di un sistema sociale fondato sulla violenza, sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sulla miseria della maggioranza della popolazione mondiale, fondato sulla guerra e sul terrorismo di Stato. Non accettiamo lezioni da chi – per tornare in tema – si ingrassa quotidianamente con appalti e mazzette, da chi devasta il territorio e si arricchisce ai danni della maggioranza della popolazione. E non accettiamo lezioni da una giunta comunale che nulla ha fatto – al di là delle parole – perché Expo non diventasse una manna per la mafia e una vetrina per le peggiori multinazionali. Questa è la vera violenza da estirpare, la violenza di un sistema parassitario che sta distruggendo l’Italia e il mondo e contro cui siamo sempre più determinati a lottare, in ogni luogo di lavoro, in ogni scuola, in ogni conflitto popolare.”