Società, Lavoro, Istruzione

Droghe: appello a tutti i candidati e le candidate #stopfinigiovanardi
Pubblicato il 17 feb 2013
Manifestazione della Lista Comunista per le elezioni europee

di PAOLO FERRERO
Recentemente alcune sentenze hanno rimesso pesantemente in discussione la legge Fini-Giovanardi sulle droghe. La Corte Costituzionale ha ritenuto che il consumo di gruppo non costituisse reato e la Corte di Appello di Roma (Terza Sezione, Presidente ed estensore Bettiol) ha rinviato alla Corte Costituzionale la famigerata legge Fini-Giovanardi sulle droghe, ritenendola incompatibile con la Costituzione. La Corte romana si rifà ad alcune sentenze della Consulta, che hanno ripetutamente bocciato altri decreti-legge proprio perché il Parlamento li aveva approvati, senza che ci fossero i requisiti.
I giudici romani sottolineano poi la assurdità della equiparazione di droghe “pesanti” e “leggere“, di cui “va rilevata la modestia degli effetti negativi sull’organismo, non differenti da quelli che provocano alcool o nicotina” e la “assenza di effetti di dipendenza nei consumatori di cannabis”. Secondo i giudici, la legge Fini-Giovanardi viola anche la legislazione europea perché “unificando la pena prevista sia per le droghe leggere che per le droghe pesanti” non si è attenuta ad una decisione del 2004 del Consiglio della Unione Europea.
Di fronte a queste positive sentenze della magistratura, i movimenti antiproibizionisti chiedono giustamente alla politica di assumere le proprie responsabilità. Condivido integralmente questa sollecitazione e ritengo necessario costruire – da subito – uno schieramento ampio che si ponga l’obiettivo di abrogare la Fini-Giovanardi, che ha riempito le patrie galere di uomini e donne che non hanno alcuna colpa.
Per questo rivolgo un appello a tutti i candidati e le candidate alle elezioni nazionali, al fine di costruire da subito quelle convergenze che rendano possibile un passo vanti nella civiltà del paese. Quando ero ministro delle politiche sociali la cancellazione della legge sulle droghe fu impedita da una parte del Pd e da una campagna mediatica che bloccò ogni tentativo di riforma ad una delle legge a massima penalità per i consumatori. Oggi con Rivoluzione Civile vogliamo riaprire questa partita ed uscire dalle politiche repressive sulle droghe, a partire dall’abrogazione della Fini-Giovanardi.
Chiediamo a tutti di promuovere quest’appello con l’hashtag #stopfinigiovanardi.
dal Fatto quotidiano
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Giovani Comunisti: ”Vergognose azioni fasciste nelle scuole romane”

GCROMA

I Giovani Comunisti di Roma condannano fermamente le vergognose azioni di chiaro stampo fascista avvenute questa mattina in due licei della capitale. Una ventina di attivisti dell’ormai tristemente nota organizzazione neo-fascista del Blocco Studentesco si sono introdotti nei corridoi del “Giulio Cesare” e del “Mameli” al grido di: ”Viva il Duce!”, sventolando bandiere nere ed intimorendo studenti e docenti impegnati nelle lezioni della mattina.

Ormai sono anni che queste organizzazioni della destra eversiva commettono scorribande all’interno della nostra città e sarebbe ora che le istituzioni capitoline prendano una chiara posizione su queste vicende senza continuare con la solita storia di innocenti “bravate”. Da parte nostra continueremo a rivendicare che non può esistere nessuna agibilità politica per le forze neofasciste a Roma come in tutte le altre città.

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APPROVATO IL DDL APREA, IN COMMISSIONE CULTURA, LA MOBILITAZIONE CONTINUA, ORA PIU FORTE!
E’ notizia di poco fa che la Commissione Cultura (con potere deliberante, quindi non verrà discussa alla camera) ha approvato ufficialmente la legge 953 ed ora deve essere solo votata al senato. Ringraziamo il Partito Democratico che ha voluto ad ogni costo questa legge e si è impegnata come non mai ad approvarla. Ringraziamo la Ghizzoni, la Doria, la Pes e tutti i parlamentari della commissione. Ci chiediamo quale fosse ad oggi l’esigenza di riordinare gli organi collegiali, di depotenziare i diritti degli studenti e deregolamentare le assemblee d’Istituto, di permettere l’ingresso di due privati nel Consiglio dell’Autonomia, di dovere valutare le scuole in base ai criteri dettati da un discutibile istituto di ricerca che per quanto patrocinato dal Ministero è comunque un ente non pubblico.
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Ieri pomeriggio, mentre qualcuno accoglieva sul lungolago di Lecco Matteo Renzi, il fan di Marchionne e delle politiche di Monti, ora candidato alle primarie del PD, noi protestavamo contro la mortificazione dei diritti e della dignità dei lavoratori dei centri commerciali!…. La politica é fatta di scelte di campo. E i comunisti sanno bene da quale parte stare. Senza se e senza ma!
NO ALLE APERTURE FESTIVE DEI CENTRI COMMERCIALI!
Oggi, 22 settembre, presidio di Rifondazione Comunista-FDS di Lecco di fronte al centro commerciale Meridiane.Condanniamo totalmente le aperture selvagge della grande distribuzione, concesse da Monti e da ABC, per le pesantissime conseguenze ai danni dei lavoratori, che hanno tutto il diritto di trascorrere la domenica con le proprie famiglie! Ma anche perché non arrecano alcun vantaggio all’occupazione e alla ripresa dei consumi! Servono solo ad aumentare i livelli di sfruttamento (già inacettabili nel settore commercio), ad accrescere la precarietà e ad arrecare un colpo mortale ai piccoli negozi di vicinato! Per non parlare dell’inevitabile aumento dei prezzi nel medio periodo per effetto dell’aumento dei costi di gestione!

NOI DICIAMO NO A CHI VUOLE SCHIAVIZZARE I LAVORATORI!SOSTENIAMO CON FORZA CHE PER RILANCIARE I CONSUMI OCCORRONO MISURE CHE RESTITUISCANO SOLDI AI CITTADINI!

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Solidarietà e vicinanza politica ai sette compagni antifascisti di Isernia condannati ingiustamente: i Giovani Comunisti Lecco stanno con loro!

Contestano Casapound: il Giudice condanna

casapound iserniaCondannati per aver cantato “Bella Ciao”. Non è una cronaca degli anni ’40, in pieno regime fascista, ma una vicenda accaduta ai giorni nostri, a Isernia. Ieri il Tribunale del capoluogo pentro ha condannato sette militanti di organizazzioni antifasciste al pagamento di 1.350 euro a testa a seguito degli avvenimenti avvenuti il 29 settembre 2011. A costoro il Tribunale ha addebitato con un decreto penale il reato di “manifestazione non autorizzata”.

In quell’occasione una decina di membri di associazioni e partiti avevano organizzato un presidio per contestare la decisione della Prefettura di autorizzare un’iniziativa di Casapound. L’organizzazione fascista, infatti, proprio in quelle ore stava tenendo la presentazione di un libro presso una sala della Provincia. A nulla erano servite le esplicite richieste per impedire l’atto: la Prefettura non solo non aveva risposto alle sollecitazioni delle entità antifasciste ma aveva finanche predisposto un imponente dispositivo di sicurezza coinvolgendo decine di poliziotti, finanzieri, carabinieri e forestali in assetto antisommossa.

In questo contesto era stata lanciata e si era tenuta la manifestazione di protesta, che non deve essere proprio piaciuta al Pm Federico Scioli e al Gip Maria Luisa Messa, i quali hanno rispolverato per l’occasione un reato presente nel Regio Decreto 773/1931. Secondo i magistrati i manifestanti avrebbero violato le disposizioni prescitte dal Questore di Isernia, che aveva autorizzato il sit-in in un luogo ben distante dalla sala dove si stava tenendo l’iniziativa di Casapound. Non solo: scrivono i magistrati che i militanti “intonavano lungo via Graziani in prossimità del palazzo della provincia slogan del tipo “il Molise è antifascista” ed intonando la canzone “Bella Ciao“. Secondo Italo di Sabato, Segretario regionale di Rifondazione Comunista e portavoce dell’Osservatorio contro la Repressione, si tratta della “stessa Procura che ha archiviato gli esposti contro la riorganizzazione e l’apologia del fascismo” di un’organizzazione attiva sul territorio isernino dal nome “Fascismo e Libertà”.

Insomma, ai militanti di Casapound la sala della Provincia e la protezione della magistratura, agli antifascisti gli agenti antisommossa e una condanna di 1.350 euro. Adesso i sette condannati avranno 10 giorni per presentare un ricorso.

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..dalla serata di Venerdì 17: COSTRUIRE UNA STALINGRADO IN OGNI CITTA’

L’omicidio di alcuni senegalesi nella piazza del mercato di Firenze per mano del neofascista Casseri, il pogrom antiRom di Torino e tutti gli altri fenomeni di xenofobia e intolleranza nel nostro paese chiamano noi Giovani Comunisti/e a condurre con forza nei propri territori politiche e pratiche sociali antirazziste e antifasciste che si rivolgano in particolar modo ai nostri coetanei e ai più giovani, studenti e/o lavoratori, che ogni giorno incontriamo nei luoghi della socialità e del conflitto. Un’urgenza di contro-educazione, di smascheramento di realtà che la legge stessa riconosce come eversive (recente è l’arresto di alcuni componenti dell’organizzazione neonazista romana Militia con l’accusa, tra le altre, di diffusione di idee fondate sull’odio razziale ed etnico e apologia di fascismo); una condanna ai nuovi fascismi e ai neonazisti che dev’essere culturale, ma anche politica.
Nasce da qui la serata di Venerdì 17 Febbraio a Lecco, “United Colors of Antiracism”, organizzata dai/dalle Giovani Comunisti/e del capoluogo insieme ad altri soggetti e individualità, in continuità con un percorso sulle pratiche di denuncia e di lotta antifascista che ci vede impegnati ogni 25 Aprile nella celebrazione della resistenza alle barbarie nazi-fasciste, oltre che quotidianamente nelle nostre scuole con la denuncia della presenza di Lotta Studentesca (giovanile di FN) e con la nostra controinformazione militante, continuando con la costruzione di momenti di dibattito e formazione, di appuntamenti condivisi sul neofascismo o nelle piazze, tra la gente, come il 10 Febbraio scorso in occasione della Giornata del falso Ricordo.
La serata di Venerdì sera è stata il frutto di un lavoro di insieme portato avanti da una realtà giovanile come la nostra e da altri giovani della città e del territorio, è stato l’incontro tra un progetto politico e un’urgenza sociale, un momento condiviso in cui la musica e le parole sono state usate per comunicare il valore della diversità, per condannare la xenofobia e le discriminazione ma anche ogni altro disvalore che i neofascismi propongono.
E’ infatti in un contesto di difficoltà economica e politica come quell’attuale che le organizzazioni dell’estrema destra coltivano rancore collettivo e disgregazione sociale con lo scopo di generare razzismo; quelle stesse forze che, nonostante si propongano come innovatrici, rappresentano sempre lo stesso fenomeno politico, funzionale al mantenimento dello status quo e alla difesa dell’ordine costituito, oggi ancor più xenofobo ed eversivo.
E’ per questo che siamo soddisfatti del successo dell’iniziativa, più di 300 persone hanno voluto sostenere e condividere un messaggio chiaro e univoco, un urlo di civiltà accompagnato dalla nostra denuncia politica di uno “strumento”, il razzismo, che fomenta il rancore collettivo e crea quella guerra tra poveri, visibile applicazione del famoso principio “divide et impera” utile ai poteri forti del nostro paese per dominare indisturbati. Principio che può essere abbattuto promuovendo la formazione di una coscienza di classe, condivisa, consapevoli che il conflitto verticale e non orizzontale tra etnie, tra sessi, tra generazioni, è l’unico conflitto che conosciamo per liberarci dall’alienazione, dallo sfruttamento e dalla distruzione del nostro futuro e delle nostre speranze.
Battaglie sociali, culturali e politiche per una “Stalingrado in ogni città”!

Nebuloni Laura, responsabile antifascismo Giovani Comunisti Lecco
Marcucci Alessandro, coordinatore GC Lecco

Disoccupati Record, giovani al 31%

A dicembre 2001 il dato dei senza lavoro nell’Eurozona ha raggiunto il massimo dall’introduzione della moneta unica. In Italia è cresciuto all’8,9% Oltre 2,2 milioni di persone non hanno un impiego. Senza la cassa integrazione sarebbero già 3 milioni. Perdono il posto soprattutto i maschi. I contratti precari hanno peggiorato la situazione tra i 15 e i 24 anni


Non va. E andrà peggio. L’occupazione in Europa è inchiodata, e a pagare il prezzo più alto sono soprattutto gli uomini e i giovani. La fotografia rilasciata dall’Eurostat – e dall’Istat per la parte che riguarda il nostro paese – è assolutamente impietosa. E i numeri vanno letti in controluce, per capire la tendenza reale. Partiamo dal quadro europeo. Il tasso di disoccupazione ufficiale, in tutto il 2011, è salito dell’0,4% al livello della zona euro; così come nell’intera Unione a 27 paesi. Ma la distribuzione non è affatto omogenea. In Germania (vedi l’articolo a parte) tutto sembra esser rimasto stabile, con un tasso di disoccupazione di appena il 5,5%. Così come in Francia (9,9). Le cadute più disastrose vengono invece registrate – non a caso – in Grecia (dove si passa dal 13,9 al 19,3% di disoccupati), Cipro (dal 6,1 al 9,3) e Spagna, dove si registra un drammatico 22,9% di senza lavoro.
L’Italia – record di senza lavoro dal 2004 a oggi – è un caso a parte e richiede un briciolo di «analisi». Il dato più eclatante riguarda la fascia d’età dai 15 ai 24 anni (studenti esclusi, ovviamente), dove ben 31 ragazzi su cento risultano disoccupati. Qui ci sarebbe addirittura un lievissimo miglioramento (-0,2), ma sono in aumento gli «scoraggiati», che il lavoro non lo cercano neppure. Secondo le elaborazioni della Cgia di Mestre, comunque, il tasso «reale» (tenendo conto di sfiduciati, ecc) sarebbe del 38,7%.
Tutta la retorica di governo e dei partiti dovrebbe sfasciarsi dalla vergogna, davanti a questi numeri, perché è evidente che più precarietà («meno lacci e lacciuoli») non produce affatto più occupazione, ma solo minori salari e, quindi, meno consumi-crescita-nuova occupazione.
Anche i dati provenienti dalle grandi imprese – come fa notare Fulvio Fammoni, membro della segreteria nazionale Cgil – contribuiscono a smontare falsi ideologici sull’art. 18 e dintorni: qui «i licenziamenti sono cresciuti in 6 anni del 35%». Facile la conclusione: «qualcuno può ancora sostenere che c’è qualche problema di flessibilità in uscita?».
Ma sono i dati assoluti a smontare molti teoremi. Gli occupati, a dicembre, sono rimasti sostanzialmente stabili: 22.900.000, appena 23.000 in meno dell’anno precedente. Ma è il risultato di un movimento niente affatto indolore. I disoccupati sono infatti aumentati di 221mila unità (163mila uomini e 58mila donne), portando la cifra totale e 2.243.000 persone (un milione di donne, il resto maschi); ovvero un aumento del 10,9% nel numero di senza lavoro, che diventa addirittura un +15,1 per la componente maschile. Per le magie della statistica, però, il tasso di disoccupazione complessivo è aumentato «solo» dello 0,8%. Dalla Cgil arriva una prima precisazione: queste cifre sono «al lordo» della cassa integrazione (i lavoratori in cig sono considerati a tutti gli effetti «occupati»), altrimenti saremmo già a 3 milioni.
Ma il dato più contraddittorio è quello relativo agli «inattivi», ovvero alle persone tra i 15 e i 64 anni che non lavorano. Sono quasi 15 milioni, ma risultano diminuiti di 186mila unità. Com’è possibile, se i disoccupati sono aumentati? La spiegazione è nello squilibrio tra popolazione anziana e giovanile: ci sono molti più anziani che escono dal novero di quanti sono considerati «in età da lavoro» che non giovani che vi entrano. La recente riforma delle pensioni costringerà anche l’Istat a cambiare – fin dai prossimi rapporti mensili – i criteri statistici: dovranno infatti esser calcolati come «in età lavorativa» anche gli anziani fino a 66 anni. Un effetto paradossale, ma non troppo, sarà dunque l’aumento vertiginoso della disoccupazione e anche del tasso di «inattivi». Ma non si tratta solo di un brutto scherzo statistico: quelle persone «in più», infatti, saranno senza un lavoro ed anche senza una pensione.
Una preoccupazione in più – se si devono prendere per buone le sue dichiarazioni – per il ministro del welfare, Elsa Fornero. Che ancora ieri, però, ha puntato tutte le sue chance sulla «riforma del mercato del lavoro». Ovvero su una riduzione drastica delle tutele, quindi sull’aumento della ricattabilità individuale dei lavoratori e, in definitiva, dell’intensità della prestazione o del prolungamento dell’orario di lavoro. Come dire: punta sul rafforzamento dei fattori che riducono l’occupazione. Quando usciremo da questa follia sarà sempre troppo tardi.

Francesco Piccioni – il manifesto

Pieno sostegno di Rifondazione Comunista (FdS) allo sciopero della Fiom lombarda

Rifondazione Comunista esprime la massima vicinanza all’importante sciopero regionale della Fiom della giornata di oggi, Venerdì 4 Novembre, oltre ad aver partecipato al corteo con una propria delegazione.
La situazione occupazionale della Lombardia appare drammatica.Nel 2011 sono stati raggiunti i 24 milioni di ore di cassa integrazione, delle quali oltre la metà di straordinaria e in deroga.Nel settore metalmeccanico icassa integrati sono 70mila:  è come se in Lombardia nel settore metalmeccanico fossero senza lavoro quasi 40mila lavoratori.A fronte di una situazione così drammatica la Regione Lombardia, di Formigoni e Bossi junior, non sta muovendo un dito.
Addirittura i lavoratori di fabbriche in crisi si sono sentiti dire dall’Assessore Regionale all’Industria, il leghista Gibelli, che in regime di libero mercatola Regione Lombardianon può fare nulla per contrastare le crisi.I lavoratori di interi settori stanno subendo una ristrutturazione senza precedenti.
Elettrodomestico, Siderurgia, Auto-motive, Elettronica e Microelettronica, Telecomunicazioni, Trasporti…non c’è un solo settore produttivo che sia stato risparmiato dalla crisi.Le imprese delocalizzano all’estero, chiudono stabilimenti, dimezzano il personale senza chela RegioneLombardiaintervenga con politiche adeguate per impedire la deindustrializzazione del territorio e la riduzione pesantissima dei livelli occupazionali.Per questo motivo vanno assunti provvedimenti immediati come il blocco dei licenziamenti e la proroga degli ammortizzatori sociali anche per tutto il 2012.
Ma poiché le persone hanno bisogno di lavoro vero, riteniamo chela RegioneLombardiadebba adottare un programma di contrasto alla crisi fatto di provvedimenti concreti di investimento nei settori produttivi strategici; di potenziamento delle strutture regionali che seguono le aziende in crisi in modo da evitare chiusure e licenziamenti; di riconversioni industriali e di Reindustrializzazioni; di sostegno alla ricerca per meglio qualificare le produzioni e crearne di nuove; di vincolo delle aree industriali per impedire speculazioni sulle aree produttive.
La Regione Lombardia deve dare risposte precise su queste richieste concrete.La Lombardia senza lavoro non ha futuro.

Rifondazione Comunista Lecco (Federazione della Sinistra)

Piccoli neonazisti crescono (all’ombra del PDL)

di Saverio Ferrari

Sembrerebbe proprio che accomodarsi sotto l’ombrello del Popolo della libertà paghi. In tutti i sensi. Quantomeno tra Milano e la Brianza. E’ ciò che sta avvenendo per la sezione italiana degli Hammer, una sorta di network neonazista presente in diversi paesi europei, tra gli altri in Inghilterra, Spagna, Francia, Olanda e Svizzera, originato da fuoriusciti dal Ku Klux Klan del Texas nella seconda metà degli anni Ottanta per imporre la «supremazia della razza bianca». Negli Stati Uniti gli Hammerskin (questa la dizione esatta) sono conosciuti per aver assaltato sinagoghe, compiuto brutali pestaggi e assassinato alcuni giovani di colore. Dopo l’ennesimo accoltellamento di un afroamericano, nel 1999 in California un tribunale penale li definì «una gang di strada».Ogni «fazione» deve essere composta da almeno sei membri, ma per diventare Hammerskin ed entrare in quella che viene considerata «l’élite dell’élite» del movimento naziskin, è necessario seguire una lunga trafila: essere presentato da uno della setta e sottoporsi a un periodo di prova. Solo alla fine si potrà ricevere l’agognata toppa con i due martelli, nell’immaginario Hammerskin un’arma per abbattere i muri a protezione delle minoranze etniche e religiose, e tatuarsi lo stesso simbolo su una parte visibile del corpo, collo o avambraccio.In Italia la «fazione madre» degli Hammerskin è da sempre quella milanese. Una cinquantina i militanti, compresi gli aderenti ad Ambrosiana skinheads e a Brianza skin, loro affiliati. L’importanza della gang milanese è stata di recente confermata, il 29 maggio 2010, quando a Cinisello Balsamo si tennero le celebrazioni per il ventesimo anniversario della costituzione della loro rete europea. Sotto un tendone nero, vicino allo svincolo dell’autostrada, si radunarono oltre 400 teste rasate provenienti da diversi paesi.

Favori e coperture
Ora, dopo anni di vicissitudini, causa arresti e condanne per svariati episodi di violenza che avevano visto protagonisti diversi Hammer, la scelta di collocarsi nell’orbita del Pdl. Da qui, in successione, una serie di favori e protezioni.Prima la riapertura, in una ex carrozzeria, nell’ottobre 2008, dopo due anni di inattività, della cosiddetta Skinhouse, alla periferia di Bollate; poi, nel settembre 2010, dietro il paravento della pseudo associazione culturale Lealtà azione, ma soprattutto grazie all’interessamento del vice coordinatore cittadino del Pdl Marco Osnato, nonché dirigente dell’Aler (Azienda lombarda per l’edilizia residenziale), l’inaugurazione di una nuova sede per «contrastare l’invasione di immigrati e zingari», in viale Brianza a poche centinaia di metri sia dalla stazione Centrale sia da piazzale Loreto.A firmare il contratto è Norberto Scordo, già condannato insieme ai due fratelli Todisco, Alessandro e Franco, per aver aggredito a martellate nel 1992 due giovani, un ragazzo e una ragazza di 18 anni, usciti dal Centro sociale Leoncavallo, nel 2001 a cinque mesi per istigazione all’odio razziale (gli fu anche sequestrata un’agenda su cui aveva scritto «Io sono neonazista e me ne vanto», «Ebrei al rogo e negri di contorno») e a sei mesi per direttissima, nel luglio 2008, per un’aggressione alle colonne di San Lorenzo ai danni di alcuni punkabbestia.La prima conferenza tenutasi in viale Brianza, il 3 novembre successivo, fu dedicata alla figura dell’ex generale delle Waffen-SS Leon Degrelle. Surreali, in questo contesto, le dichiarazioni di alcuni loro esponenti: «Noi non siamo assolutamente nazisti e nessuno di noi ha mai avuto denunce per aggressioni».

L’ossessione dei lupi
Solo pochi giorni fa, il 22 settembre, è stata invece la volta di Monza, dove in pieno centro, in via Dante (a pochi metri dalla sede della Cisl), è stato aperto un altro spazio con vetrina sulla via. Nuovamente sotto le insegne di Lealtà azione, con tanto di gladio nel simbolo. Il sito internet, tra una citazione del poeta antisemita Ezra Pound e del fondatore della Guardia di ferro rumena Cornelius Codreanu, si collega sia alle edizioni Ritter (la principale casa editrice in Italia di pubblicazioni naziste) sia all’associazione Militia di Como (promotrice nel gennaio scorso di un incontro con Stefano Delle Chiaie).A presenziare in pochi, ma molti i messaggi dal Pdl, tra loro la consigliera provinciale Roberta Capostosti. D’altro canto a un’iniziativa del maggio scorso erano già intervenuti il senatore Alfredo Mantica e l’onorevole Carlo Fidanza insieme all’assessore allo Sport ed eventi del comune di Monza, l’ex An Andrea Arbizzoni. Non dimentichiamo neanche che nelle ultime elezioni comunali di Milano, gli Hammer sostennero ufficialmente nella lista del Pdl il segretario cittadino di Azione giovani, Antonluca Romano, poi non eletto.«I lupi sono arrivati», questo era il titolo della locandina pensata per l’inaugurazione. Sarà un caso, ma l’idea dell'”uomo lupo” rimanda all’organizzazione del “lupo mannaro” (Werwolf), costituita sul finire della seconda guerra mondiale dalle SS e animata dai giovani della Hilterjugend per condurre azioni di sabotaggio e guerriglia nei territori occupati dagli Alleati. Un piccolo tragico mito tutto interno all’immaginario di estrema destra.Ma la piccola rete degli Hammer non ha solo aperto sedi, ha anche tentato in questi ultimi mesi di allargare il proprio raggio d’azione sfruttando come sempre i buoni uffici di ex esponenti di Alleanza nazionale: nel marzo scorso una conferenza prevista nella sala consiliare di Magenta, con il vice sindaco del Pdl, è stata annullata solo all’ultimo momento a causa delle proteste dell’Anpi e dei partiti antifascisti. In giugno si è tenuto un raduno in Valchiavenna con l’intervento musicale di Skoll, un cantautore il cui nome d’arte, per sua stessa ammissione, si ispirerebbe a un «lupo feroce» della mitologia germanica, dedito «alla violenta cancellazione della vita sulla terra azzannando il pianeta e riempiendo l’universo di spruzzi di sangue». Davvero un’ossessione, quella dei lupi.

A Firenze è tornato il nazifascismo

www.nuovasocieta.it
Nel periodo di ferragosto è successo, a Firenze, un episodio gravissimo: al Comandante partigiano Giorgio Pacini, è stata recapitata una lettera minatoria, inneggiante ai “franchi tiratori fiorentini” e contenete persino due proiettili di pistola.
A questo punto, è bene precisare che quest’anno, in modo ufficiale, le varie sigle della destra neonazifascista hanno commemorato, nel cimitero di Trespiano di Firenze, i così detti “franchi tiratori fiorentini”.
Orbene, per chi non lo sapesse, i “franchi tiratori fiorentini” erano giovani della peggiore risma, che assoldati dal segretario del fascio repubblichino, Alessandro Pavolini, colui che, insieme ai generali nazisti, aveva programmato cinicamente la distruzione della propria città, sparavano non tanto contro gli alleati o contro i partigiani, bensì contro la popolazione Fiorentina inerme.

Difatti, il loro preciso scopo era quello di terrorizzare i Fiorentini.
Queste persone non erano certo “eroi”, combattenti per “l’onore” d’Italia, quanto, invece, dei veri e propri mercenari al servizio di Hitler!
Gentaglia senza coraggio e senza dignità, che combatteva al servizio della belva Nazista morente e contro i propri fratelli italiani.
Pertanto, la loro esaltazione è fuori dalla Storia e fuori dalla Legge, in quanto integra il reato di ricostituzione del partito fascista e di esaltazione dei suoi esponenti.
Perché la forza pubblica prima ed il Sindaco Renzi, poi, da Ufficiale di Governo, quale è, non ha impedito tale iniziativa?
Forti di questo lassismo delle autorità, i neonazifascisti hanno avuto l’ardire di minacciare il Comandante Partigiano Giorgio Pacini, inviandogli dei proiettili di arma da fuoco.
Quando la notizia è divenuta pubblica, i neonazifascisti, con la sfrontatezza che li distingue, hanno preso le distanze dall’iniziativa dell’invio dei proiettili, ma hanno rivendicato il diritto di commemorare i “franchi tiratori” che secondo loro, sarebbero stati “eroi” che hanno combattuto per “l’Onore” d’Italia.

Ciò storicamente è completamente inesatto, dal momento che essi, in quanto nazifascisti, non avevano alcun “Onore”, avendo seminato morte e distruzione in tutta Europa, ai danni di intere popolazioni civili, inermi, nell’Europa Centrale e Orientale.
In ogni caso, è bene precisare che i “franchi tiratori” combattevano per Hitler e contro gli Italiani, rappresentati, in quel momento, dal Regno del Sud, che volevano assolutamente la Pace.
Quello che in questa vicenda bisogna sottolineare è che la stampa ha riportato le tesi degli esponenti politici neonazifascisti che esaltavano i “combattenti di Salò”, mentre, ha censurato gli scritti inviati ai giornali da parte di alcuni Antifascisti che intendevano approfondire l’argomento “franchi tiratori fiorentini”, chiamandoli con il loro vero nome: mercenari servi dei nazisti!

Quello che è ancora più preoccupante è il fatto che gli esponenti politici democratici, da Matteo Renzi a Rosy Bindi, intervenuti a commentare il gesto intimidatorio dell’invio dei proiettili a Pacini, non hanno saputo o voluto cogliere l’elemento essenziale di tale vicenda: commemorazione dei “franchi tiratori fiorentini” ed invio dei proiettili a Pacini sono due facce della stessa medaglia!
Tale medaglia, purtroppo, ha un solo triste nome: esaltazione e ricostituzione del disciolto partito fascista!
Quando ci sarà, a Firenze, un’Autorità Politica Militare o di Polizia Giudiziaria in grado di prendere una concreta iniziativa nei confronti di queste commemorazioni, che si pongono contro lo spirito e la lettera della nostra Costituzione Repubblicana e ci riportano indietro agli anni bui del ventennio fascista e della fantomatica repubblichina di Salò?

Avvocato Francesco Mandarano

No alla ricostruzione del partito fascista!

ATTUIAMO LA COSTITUZIONE:

L’ITALIA E’ UNA REPUBBLICA FONDATA SUL LAVORO E SULL’ANTIFASCISMO!

Il governo Berlusconi ha impresso una svolta reazionaria alla propria legislatura, varando una serie di riforme strutturali, che vanno ad intaccare le fondamenta della Costituzione della Repubblica. Sono sotto attacco l’istruzione pubblica, la cultura, i diritti dei lavoratori, il potere giudiziario. Persino la recente aggressione imperialista alla Libia è una palese violazione dell’art. 11 della nostra Carta costituzionale. L’Italia è uno dei paesi dell’Unione Europea in cui più alto è il tasso di disoccupazione giovanile, si moltiplicano le morti sul lavoro, vengono compressi diritti politici e sindacali. Il recente aumento dei flussi migratori nel nostro Paese, ha scatenato il populismo xenofobo della Lega Nord, che può ottenere un pericoloso consenso popolare in vaste aree del Paese, già provate da una drammatica situazione sociale.

L’antifascismo, cui dovrebbe essere ispirata la nostra Repubblica, viene celebrato soltanto durante le ricorrenze ed in modo ipocrita dalle istituzioni borghesi, che tentano di recidere le istanze classiste ed il protagonismo del movimento operaio nella Guerra di Liberazione nazionale. Accanto alla retorica patriottica, si tenta di svuotare la Resistenza dal proprio significato, equiparando le vittime ai carnefici, insistendo sulla “pacificazione”, istituendo date che celebrano la propaganda nazionalista e filofascista, come il 4 novembre (festa delle forze armate) e il 10 febbraio (celebrazione delle vittime delle foibe).

In questo contesto, il sen. De Eccher, già militante di gruppi neofascisti come Avanguardia nazionale ed M.S.I., ha depositato in Parlamento, insieme ad altri cinque deputati, la proposta di abrogare la XII Disposizione transitoria e definitiva della Costituzione, che impedisce la ricostruzione del partito fascista! La sua idea ha incontrato grande sdegno da parte di numerose forze politiche e sociali. Tuttavia, lo sdegno non è sufficiente per arrestare le spinte più reazionarie del capitalismo, perché questi tentativi sono invece l’espressione compiuta del clima politico e sociale, che caratterizza l’Italia governata da Berlusconi!

I Giovani Comunisti, schierati in prima fila nella lotta contro il riemergere del fascismo nei luoghi di lavoro e nella società, proseguiranno con maggiore convinzione la battaglia per:
-l’applicazione della XII Disposizione transitoria e definita della Costituzione della Repubblica;
-l’applicazione della Legge Scelba del 1952, che sancisce il reato di apologia di fascismo;
-l’applicazione della Legge Mancino del 1993, che prevede lo scioglimento di tutte le organizzazioni neofasciste e neonaziste;
-il processo per tutti i terroristi neri protagonisti delle stragi e dei massacri compiuti nei decenni trascorsi;
-l’arresto immediato per tutti i capi delle organizzazioni neofasciste e neonaziste;
-Confisca dei beni finanziari ed immobiliari di suddette organizzazioni e restituzione allo Stato per il loro riutilizzo sociale, sotto il controllo di enti, istituti per la memoria ed organizzazioni antifasciste;
-la lotta al revisionismo storico con la divulgazione dell’antifascismo fra giovani e lavoratori;
-l’unità di tutti gli antifascisti e le forze democratiche del Paese.

Riprendiamoci le città! Mobilitiamoci subito contro i rigurgiti neofascisti ed il governo Berlusconi! Il 25 aprile, scendiamo in piazza per la difendere ed attuare la Costituzione nata dalla Resistenza!

GIOVANI COMUNISTI

PER LA TAV MILIARDI, PER I PENDOLARI BRICIOLE E AUMENTI DI TARIFFE!

Diffondiamo un comunicato dei pendolari del Meratese, condividendolo pienamente:


Cari cittadini e viaggiatori del Meratese,

ieri l’Assessore Raffaele Cattaneo e l’AD di Trenitalia Mauro Moretti erano a Lecco. Dice l’articolo de La Provincia:
LECCO. Il servizio è di bassa qualità anche perché le tariffe a carico dei pendolari sono troppo basse. E’ questo in sintesi il provocatorio messaggio di Raffaele Cattaneo, assessore regionale alle Infrastrutture intervenuto ieri alla Casa dell’Economia di via Tonale per parlare della rete infrastrutturale lombarda. Con lui l’amministratore delegato di Trenitalia, Mauro Moretti, che concorda nell’analisi e spiega le difficoltà nel far viaggiare 2.200 treni regionali ogni giorni. «Rispetto alla Germania le tariffe sono meno della metà». Parole che arrivano dopo un duro confronto sull’aumento del 10 febbraio entrato in vigore la scorsa settimana tra mille polemiche. Cattaneo ha anche parlato dei problemi della Pedemontana: «I funzionari rallentano i cantieri, rischiano di fermarsi».
E’ sconcertante sentire che i biglietti troppo bassi siano il vero problema… Evidentemente all’Assessore non capita spesso di prendere il treno! E’ anche interessante il fatto che, nonostante l’ennesima domenica a piedi non abbia dato nessun risultato rispetto allo smog che assedia Milano e la Lombardia (che presto ci porterà una multa salata dalla UE), l’assessore sia preoccupato soprattutto che la Pedemontana si faccia, e in fretta. Veramente vogliamo altre strade e altre automobili in circolazione? Per inciso, in quanto a PM10 il Meratese è perfettamente allineato coi valori che si registrano in centro a Milano: guardate i dati dell’Arpa.
Come cittadini e viaggiatori, per anni abbiamo pagato un servizio scadente pagando il biglietto e le tasse. Adesso chi viene chiesto di pagare ancora di più, e per di più di essere grati alla Regione e a Trenitalia per tutto quanto fanno per noi… Con le sue parole, l’Assessore ha praticamente già garantito a Moretti che gli ulteriori rincari di maggio ci saranno, anche se in teoria questi aumenti avrebbero dovuto essere vincolati al raggiungimento di certi parametri di qualità del servizio (quali parametri? Purtroppo non ci è dato saperlo!). Noi non siamo d’accordo!
Come utenti, ci sentiamo sempre meno garantiti dall’Assessore e dalla Regione, nel loro ruolo di controllori del servizio fornito da TLN-Trenitalia-LeNord. Visto che il servizio verrà pagato sempre di più direttamente da noi e sempre meno dalla Regione, chiediamo di avere maggiore voce ai tavoli in cui vengono pianificati i servizi di trasporto pubblico e stabiliti i livelli minimi dei servizi. Chiediamo di essere noi pendolari, attraverso i nostri rappresentati sui treni e nelle stazioni (chiamiamoli “Ausiliari del viaggio”), a verificare il raggiungimento di questi obiettivi minimi (puntualità, pulizia e decoro di treni e stazioni, ecc.) e stabilire eventuali sanzioni a Trenitalia.
In questi giorni, è ripresa la raccolta delle firme per con cui chiediamo un servizio migliore: http://patto.ilpendolare.com/.  I cittadini-pendolari che abbiamo incontrato ci hanno chiesto di andare avanti e di farci sentire, e noi lo faremo!

Buoni viaggi,

Il Comitato Pendolari del Meratese
con il Coordinamento dei Comitati Pendolari della Regione Lombardia

Precari, solo pochi giorni per denunciare i vostri padroni!

di Checchino Antonini, http://www.liberazione.it

Ultimi giorni per glissare la tagliola anti-precari, la norma del collegato lavoro che stabilisce un tetto per contestare contratti a termine irregolari. Ennesima sanatoria per le imprese più scorrette. Come dire si parli ora o si taccia per sempre. Il tempo scadrebbe il 23 gennaio ma, siccome è domenica, c’è ancora meno tempo per attivarsi. Prima del collegato lavoro, entrato in vigore il 24 novembre scorso, solo la prescrizione – cinque anni – fermava la possibilità di denunciare un padrone che ti costringeva a lavorare con un contratto illecito o con ruoli diversi da quelli stabiliti sulla carta. La nuova norma, l’articolo 32 del collegato, ha applicazione retroattiva, si riferisce cioè anche a tutti i contratti scaduti. Per quelli ancora in corso, il termine dei sessanta giorni partirà dalla conclusione del contratto.
Corso Italia, la Cgil, stima tra i 100 e i 150mila i ricorsi in arrivo specie da medici e insegnanti, per il settore pubblico, o tra gli addetti precari della comunicazione, per il settore privato, Poste e Rai in prima fila nel campionato delle irregolarità datoriali. Certo, la questione non è che sia stata pompata dagli organi di stampa e, alla carenza informativa si va a sommare la paura, sempre decisiva nella governance delle relazioni industriali, di entrare in rotta di collisione con le aziende che spesso, Rai e Poste sono un caso da manuale, attingono a una sorta di bacino di precarietà. Spesso i contratti sono stagionali e passano più di sessanta giorni tra un rinnovo e l’altro e l’impugnazione potrebbe compromettere il rientro.
Anche il governo s’è sottratto all’obbligo di informare i lavoratori attraverso una campagna mirata di puvbblicità istituzionale ma questo è lo stesso esecutivo che, quando ha adoperato quello strumento, lo ha fatto per insinuare che le morti bianche siano colpa dei morti, perché non si vorrebbero abbastanza bene. Dunque non si stupisce nessuno che il sito di Sacconi non accenni a scadenze di alcun tipo nell’articoletto che riassume la truffa del collegato lavoro.
«Norma sbagliata, ingiusta e con vizi di incostituzionalità», sostiene Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil scettico sulla possibilità che si riesca a ridurre il contenzioso, vista la mole di ricorsi previsti, alzando il livello di trasparenza.
Ecco come sfruttare al meglio questo scampolo di tempo: buona norma quella di entrare in contatto – di persona o virtualmente – con il sindacato per avviare la causa e capire se il proprio contratto sia impugnabile. Tuttavia è sufficiente una raccomandata con ricevuta di ritorno per avvisare l’azienda dell’intenzione di procedere. Dopodiché ci saranno 270 giorni per produrre le carte necessarie e portarle al giudice del lavoro.
Utilissimo il sito dei Giovani comunisti che, assieme ai loro compagni di strada della Fgci, già al congresso della Federazione della sinistra hanno lanciato una vera campagna di informazione e attivazione. In rete, appunto, c’è una serie di materiali per i lavoratori e per la lavoratrici precarie, a termine, a progetto, a tempo, in apprendistato. Si tratta impugnative per ricorsi in proprio o mediante l’assistenza di un legale. Tra la modulistica suggerita ci sono anche quella di un’impugnativa per lavoro nero, per licenziamento verbale e di contestazione trasferimento. Oltre a schede e tabelle riepilogative del famigerato lavoro. Su un altro sito molto utile, controlacrisi.org, c’è la storia interessante di un lavoratore, a tutti gli effetti dipendente, che viene inquadrato in un call center con un contratto a progetto, anche se il suo rapporto è invece chiaramente di lavoro subordinato. Il giudice del lavoro di Reggio Calabria ha condannato l’azienda (telefonate outbound) a convertire il contratto a tempo indeterminato e a riconoscere al lavoratore un risarcimento della bellezza di 46.961 euro. Capito perché Sacconi ci teneva molto alla tagliola antiprecari?

Ecco l’accordo che stronca i sindacati

di Fabio Sebastiani su Liberazione del 28/12/2010


La Fiat reinventa un sistema di relazioni che si sovrappone alla leggeLotta all’assenteismo, più turni settimanali, taglio delle pause, introduzione di un nuovo sistema di calcolo dei tempi di lavoro, ma anche un completo stravolgimento delle relazioni sindacali: sono queste in sintesi le novità principali dell’accordo firmato giovedì sera da Fiat e sindacati (non dalla Fiom) per il cosiddetto rilancio dello stabilimento di Mirafiori. Sull’intesa, che prevede anche la richiesta di cassa integrazione straordinaria per un anno dal 14 febbraio 2011, è prevista la consultazione di tutti i lavoratori dello stabilimento.
Clausola di responsabilità
Come già è previsto per lo stabilimento di Pomigliano, «il non rispetto degli impegni assunti con l’accordo comporta sanzioni in relazione a contributi sindacali, permessi per direttivi e permessi sindacali aggiuntivi allo Statuto dei Lavoratori».
Contratti individuali e licenziamento
La violazione delle clausole dell’accordo viene considerata come “infrazione disciplinare” e quindi passibile di procedura di licenziamento.
Newco
L’accordo prevede la creazione di una joint venture tra Chrysler e Fiat che sostituirà l’attuale società Fiat spa. E’ prevista la produzione, verso la fine del 2012, di Suv di classe superiore per i marchi Jeep e Alfa Romeo. E’ prevista una produzione annua di 250mila vetture l’anno.
Relazioni sindacali
L’accordo si regge sulla «prevenzione del conflitto» grazie all’azione del sistema partecipativo articolato negli Organismi congiunti, da cui sono escluse le organizzazioni sindacali non firmatarie dell’accordo. Di fronte a eventuali comportamenti difformi da parte di singoli lavoratori o in forme collettive, l’azienda si riserva la possibilità di sottrarsi dai vincoli dell’accordo.
Organizzazione del lavoro
Applicazione a partire dall’aprile del 2011 dell’Ergo Uas, il nuovo sistema di contabilizzazione dei movimenti. Questo sistema, già contestato dalla Fiom, aumenta notevolmente i tempi della prestazione lavorativa perché tarato in base alle esigenze aziendali. Le pause vengono comunque diminuite di 10 minuti: dagli attuali 40 minuti a 30.
Assenteismo
Dal luglio 2011 se non si sarà raggiunto un livello di assenteismo inferiore al 6% medio (adesso è all’8%) i dipendenti che si assenteranno per malattie brevi (non oltre i 5 giorni) a ridosso delle feste, delle ferie o del riposo settimanale per più di due volte in un anno non avranno in busta pagato il primo giorno di malattia. Dal primo gennaio 2012 se l’assenteismo non sarà sceso sotto il 4% i giorni di malattia non pagati saranno i primi due (l’Inps infatti paga solo dal quarto giorno mentre i primi tre sono a carico dell’azienda). Per gli anni successivi al 2012 la percentuale scende al 3,5%. A vigilare l’andamento dell’assenteismo è stata messa una Commissione paritetica composta dai rappresentanti sindacali delle organizzazioni firmatarie dell’accordo.
Cassa integrazione
E’ prevista la cassa integrazione straordinaria a partire già dal 14 febbraio 2011 per un anno «in relazione alla grave crisi che ha interessato e continua a interessare il mercato automobilistico, alla situazione produttiva dello stabilimento Mirafiori Plant in essere e prevista e al fine di garantire ai lavoratori una misura di sostegno al reddito durante il periodo che precederà l’avvio produttivo della Joint Venture». Durante la cigs i lavoratori seguiranno alcuni corsi di formazione.
Turni
A regime si lavorerà su 18 turni (tre turni al giorno su sei giorni) con una settimana di sei giorni lavorativi e la successiva di quattro giorni. Il 18esimo turno sarà retribuito con una maggiorazione (pagato 21 ore). Gli addetti alla manutenzione e alla centrale vernici lavoreranno su 21 turni (sette giorni su sette) mentre per i dipendenti addetti al turno centrale (quadri, impiegati e operai) l’orario sarà dalle 8.00 alle 17.00 con un’ora di pausa non retribuita.
Straordinario
Saranno 120 le ore di straordinario obbligatorie, e senza preventivo accordo sindacale, ogni anno (15 sabati lavorativi), 80 in più delle 40 attuali. L’azienda potrà imporre il lavoro straordinario anche a chi usufruisce della giornata di riposo.
Orario di lavoro
In occasione della procedura di passaggio dai 15 ai 18 turni è previsto un anno di sperimentazione della prestazione lavorativa su dieci ore.
Indennità di presenza
L’indennità di presenza è calcolata solo sul lavoro effettivo, al netto di inattività (decise dall’azienda) e pause. L’indennità è esclusa dal conteggio del Tfr.
Mancata applicazione dell’articolo 2112 del codice civile
L’articolo 2112 del codice civile prevede che in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. In merito al passaggio dalla Fiat alle “Newco”, l’accordo ne prevede unilateralmente la sospensione «in quanto nell’operazione societaria non si configura il trasferimento di ramo d’azienda».
Sicurezza sul lavoro e rappresentanza
L’accordo prevede la creazione di una Commissione prevenzione e sicurezza sul lavoro (formata da Rls delle organizzazioni firmatarie dell’accordo) che andrà a sovrapporsi al lavoro dei rappresentanti eletti in base alla legge. E’ uno dei tanti esempi in cui la Fiat cerca di forzare i regolamenti previsti dalla legge soprattutto per quello che riguarda il sistema della rappresentanza.
www.esserecomunisti.it

Bankitalia:”Il 45% della ricchezza in mano al 10% delle famiglie”

Venti anni di concertazione e “pace” sociale hanno portato a questo. In realtà la lotta di classe c’è sempre stata, solo che a portala avanti era esclusivamente il padronato. Il conflitto è ora necessario per ridare un minimo di dignità ai lavoratori e all’Italia.
Il rapporto di Bankitalia: gli italiani sono fra i più ricchi al mondo (il 60% sta economicamente meglio del 90% del resto del mondo), ma il “benessere” è concentrato in poche mani e la povertà è in aumento.
Bankitalia: "Il 45% della ricchezza in mano al 10% delle famiglie"
ROMA – Il 45% della ricchezza complessiva delle famiglie italiane alla fine del 2008 è in mano al 10% delle famiglie. E’ uno dei dati contenuti nel rapporto su “La Ricchezza delle famiglie italiane” elaborato dalla Banca d’Italia. La metà delle famiglie italiane, quelle a basso reddito, detiene solo il 10% della ricchezza complessiva. Intanto, nel primo semestre del 2010, sempre secondo la Banca centrale, la ricchezza netta delle famiglie è diminuita dello 0,3 per cento in termini nominali, tornando ai livelli del 2005. Il calo è dovuto “a una diminuzione delle attività finanziarie e a un aumento delle passività, che hanno più che compensato la crescita delle attività reali”.
Nel confronto internazionale le famiglie italiane risultano poco indebitate; alla fine del 2008 l’ammontare dei debiti era stato pari al 78% del reddito disponibile lordo: in Germania e in Francia esso risultava pari a circa del 100%, negli Stati Uniti e in Giappone al 130%. Il 41% dei debiti delle famiglie italiane è rappresentato dai mutui per l’acquisto della casa. I numeri confermano anche che la povertà è in lenta e graduale crescita e che tra il 2007 e il 2008 la ricchezza è calata del 3,5% a prezzi correnti, e del 6,5% a prezzi costanti.
Il fatto che la ricchezza sia concentrata in poche mani (“Molte famiglie detengono livelli modesti o nulli di ricchezza mentre all’opposto poche dispongono di una ricchezza elevata”, dice il rapporto) condiziona
il resto dei dati. Nel 2009, ad esempio, anno di crisi nera, la ricchezza delle famiglie risulta cresciuta di circa l’1,1% grazie ai risultati positivi delle attività finanziarie (+2,4%). In termini reali, l’aumento della ricchezza complessiva rispetto alla fine del 2008 è stato dell’1,3% (più di 100 miliardi di euro del 2009). La ricchezza lorda in numeri assoluti è stimabile in circa 9.448 miliardi, quella netta a 8.600 miliardi, corrispondenti a circa 350mila euro in media per famiglia.
Dal raffronto internazionale emerge comunque che le famiglie italiane sono in media tra le più ricche al mondo. A fine 2008, la ricchezza netta delle famiglie era pari a 7,8 volte il reddito disponibile lordo, in linea con quello della Francia (7,5) e del Regno Unito (7,7), lievemente superiore a quello del Giappone (7), e significativamente superiore a quello del Canada (5,4) e degli Stati Uniti (4,8).
Le attività reali detenute alla fine del 2008 dalle famiglie italiane erano pari a 5,4 volte il reddito disponibile, un valore di poco inferiore a quello della Francia (5,7), in linea con quello del Regno Unito (5,2), ma superiore a quello di Usa (2,2), Canada (3,3) e Giappone (3,4). L’Italia conferma la maggiore propensione all’investimento immobiliare, che riflette tra l’altro una struttura del sistema produttivo che vede la preponderanza delle microimprese familiari, per le quali gli immobili sono anche capitale d’impresa. Decisamente minore, anche in rapporto agli altri paesi, l’investimento in attività finanziarie.
Secondo studi recenti, la ricchezza netta mondiale delle famiglie ammonterebbe a circa 160.000 miliardi di euro e la quota “italiana” sarebbe di circa il 5,7%. L’Italia si colloca nelle prime dieci posizioni tra gli oltre 200 paesi considerati nello studio, in termini di ricchezza netta pro-capite. Il 60% delle famiglie italiane ha una ricchezza netta superiore a quella del 90% delle famiglie di tutto il mondo; la totalità delle famiglie italiane, invece, ha una ricchezza netta superiore a quella del 60% delle famiglie dell’intero pianeta.
www.repubblica.it<

A fianco degli studenti in piazza

DALLA RIVOLTA GENERAZIONALE ALLA RIVOLUZIONE

>La giornata del 14 dicembre la ricorderemo a lungo.

Non solo perché in mattinata il governo ha incassato la fiducia in entrambi i rami del Parlamento, riuscendo a concludere in tempo utile trattative più o meno lecite che hanno consentito a Berlusconi, per ora, di portare a casa la pelle. E non solo perché, quindi, si è aperta nel Paese una fase politica completamente nuova, i cui esiti sono ad oggi del tutto incerti: potremmo essere alla vigilia di un colpo di coda del regime, di una fase di transizione guidata dal centro-destra oppure ancora – ed è forse questa l’ipotesi più probabile – all’alba di un capovolgimento repentino in cui i vincitori di oggi (Berlusconi e Lega) potrebbero risultare gli sconfitti di domani, logorati irreversibilmente da un’agonia durata mesi. Il motivo per cui ricorderemo a lungo il 14 dicembre è però anche un altro: perché mai come con gli imponenti cortei di martedì è risultato chiaro a tutti che un’intera generazione ha ripreso in mano il proprio destino. Come nelle settimane scorse in Francia, in Grecia e in Inghilterra anche nel nostro Paese si pone con molta nettezza il tema della rivolta della generazione precaria, figlia dell’insofferenza di massa nei confronti di un capitalismo disumano e in crisi. Centinaia di migliaia di studenti e di precari, a Roma e in tantissime altre città d’Italia, hanno preso con la forza quello che era stato sottratto loro da una
politica totalmente scissa dalle loro vite, dai loro bisogni, dai loro desideri. Mentre in Parlamento andava in scena il teatrino umiliante della compravendita e delle risse, con una ritualità ormai stanca seppure con punte di aberrazione inedite e parossistiche, nelle piazze un popolo imponente di giovani, studenti e lavoratori ha ricollocato appunto al centro del discorso pubblico l’esigenza di un sapere democratico e libero dal profitto, di un lavoro dignitoso e per tutti, di una società giusta e autogovernata.
Per questo – per l’universalità del loro messaggio, per il significato pienamente politico della loro lotta – quelle centinaia di migliaia di studenti hanno ripreso in mano, insieme al proprio destino, il destino del Paese.E noi siamo tra loro, come lo siamo stati a Roma. Fianco a fianco. Attoniti quando la polizia ha deciso di caricare a freddo migliaia diragazzi; reattivi quando l’unica possibilità che ci è stata concessa è stata quella di difenderci; solidali e compatti quando la repressione inusitata delle forze dell’ordine ha lasciato sul terreno oltre cento feriti, cinquanta fermati e retate a tappeto in tutta la città. Ora si tratta di individuare, dentro questo movimento, la giusta direzione, per evitare di disperderne la forza, di arenarci in derive inconcludenti, e ancora di più per evitare che prevalga nell’immaginario collettivo e nel senso comune un’immagine sbagliata del movimento, più somigliante alle istantanee di qualche dissennato gesto isolato che alla realtà della lotta di questi mesi. Una realtà – come hanno ricordato in queste ore moltissime voci dal movimento, dalla Fiom alla Rete della Conoscenza – fatta di occupazioni, di autogestioni, di scioperi, di assemblee, di cortei, di conflitto anche aspro ma sempre coerente, nelle pratiche, con gli obiettivi condivisi.

Quale direzione politica, quindi?
Prima di tutto: convincere chi nel sindacato ancora non è convinto, a maggior ragione dopo il voto di martedì che consegna a Berlusconi un equilibrio più che precario e alla sinistra sociale uno spazio di consenso e di manovra enorme, a convocare lo sciopero generale. È una necessità non più rinviabile, perché risponde contemporaneamente al bisogno di consolidare – in un conflitto sociale crescente e dirompente – l’unità tra gli studenti e i lavoratori e al bisogno di premere, con ancora più forza, sulla politica per rovesciare la maggioranza di governo.

In secondo luogo, infine: tenere unito il movimento su di una piattaforma di alternativa di classe, con obiettivi radicali e una capacità egemonica che passi dalla costruzione di vaste alleanze sociali e da pratiche di lotta democratiche e comprensibili a livello
di massa. Non è una chimera e non siamo grilli parlanti che, dall’esterno, additano e giudicano. Siamo una componente importante di questo movimento e di questa generazione che vuole e deve dare un contributo per trasformare questa rivolta in un progetto organico di trasformazione della società. Come hanno detto i cortei di martedì, la parola “rivoluzione” può tornare ad avere cittadinanza nel nostro Paese. Il compagno Monicelli ne sarebbe orgoglioso.

Disoccupazione giovanile: in 6 regioni oltre il 30%

Riportiamo un breve articolo di “Panorama” (tutt’altro che bolscevico, quindi) in cui vengono esposti dati da far tremare i polsi.

A leggere le ultime elaborazioni di Confartigianato sui dati Istat della disoccupazione giovanile in Italia c’è da stare poco allegri. Soprattutto se guardiamo al Mezzogiorno: in sei regioni il tasso di disoccupazione, ossia il rapporto tra chi cerca lavoro e la forza lavoro (occupati + persone in cerca di lavoro), tra 15 e 24 anni è risultato superiore al 30%, contro una media italiana del 27,7 per cento a marzo 2010.
Quasi la metà dei giovani in Sardegna, dove il tasso di disoccupazione sale al 44,7 per cento. Percentuali alte anche in Sicilia al 38,5 per cento, in Basilicata al 38,3 per cento, in Campania al 38,1 per cento, in Puglia al 32,6 per cento, in Calabria al 31,8 per cento e nel Lazio al 30,6 per cento.
Associando il tasso di disoccupazione a un elevato abbandono scolastico, si può risalire anche alle dimensioni del mercato parallelo del sommerso, che nelle regioni del Sud è più del doppio rispetto al Nord, con il valore più alto di irregolarità del lavoro in Calabria al 27,3 per cento.

Strage di Bologna:”Governo assente, PRC a fianco della città e famigliari”

“Rifondazione comunista domani sarà a Bologna, in piazza a fianco della cittadinanza e dei partenti delle vittime della strage, dove invece sarà scandalosamente assente il governo”. Lo dichiara il segretario nazionale del Prc, Paolo Ferrero, annunciando la propria partecipazione domani alle manifestazioni pubbliche in occasione della ricorrenza della strage del 2 agosto 1980. “E’ una vergogna per l’Italia – afferma Ferrero – che a 30 anni dalla strage di Bologna ancora non si sia fatta piena luce su tutti i livelli di responsabilità e gli effettivi mandanti di quel crimine efferato

Cosa è accaduto il 2 Agosto 1980?
LA STRAGE E’ DOMANI. Cadono oggi i trent’anni dalla strage di Bologna. Il 2 agosto 1980 ci furono 85 morti, 200 feriti e altre centinaia di persone, sopravvissute ed incolumi, furono segnate per sempre da quel massacro.I tribunali hanno condannato in via definitiva, come esecutori materiali della strage, i neofascisti Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini: c’è un filo nero e di morte che parte da Piazza Fontana e arriva al 2 agosto, e che ha visto i fascisti nel ruolo di manovalanza al tritolo. I colpevoli ci sono, eppure – in tutti questi anni – ogni qualvolta un uomo del governo ha preso la parola in piazza Medaglie d’oro per commemorare la strage è stato ignorato nella migliore delle ipotesi, fischiato brutalmente nella peggiore. Perché? Perché manca un “pezzo” di verità, fondamentale quanto l’aver individuato e condannato i colpevoli. Mancano i nomi e i cognomi dei mandanti della strage; manca una ricostruzione credibile ed esaustiva del ruolo e delle responsabilità della P2, dei servizi segreti, della classe dirigente di quegli anni; manca una ricostruzione dello scenario internazionale e di quanto incise sulla strage. A distanza di 30 anni non sappiamo ancora perché ci fu quel massacro e i diversi governi non hanno fatto nulla per fare chiarezza. Il fatto che dopo 30 anni non si conosca il perché della strage, impedisce di archiviare il 2 agosto come un fatto che riguarda la storia. Il 2 agosto riguarda l’oggi perché se non è chiaro chi fu il mandante e il perché, vuol dire che i mandanti operano ancora, che i fini per cui venne fatta la strage sono ancora perseguiti. Vuol dire che la strage sta davanti a noi e non dietro di noi. Fino a quando non sapremo il perché, il 2 agosto non ci sarà una commemorazione della strage ma la strage si ripeterà, anno dopo anno, con tutto il suo dolore.La cronaca politica per altro ci ricorda crudamente che non stiamo parlando di un passato consegnato agli archivi e ai libri di storia: l’attuale Presidente del Consiglio – come è noto – in quegli anni aderiva alla P2, e il suo governo sta attuando senza mezzi termini il piano di “rinascita” di Licio Gelli. Flavio Carboni, figura squallida e complice degli affari di Verdini e Dell’Utri, fu uno dei protagonisti del depistaggio successivo alla strage. In questi mesi si è tornato a parlare delle stragi del 1992 e del 1993: non fu sola Cosa Nostra nel mettere le bombe, ma era “accompagnata” da quell’intreccio di apparati, uomini di governo, massoneria, destra neofascista, che ha continuato – impunito – a fare affari e ad uccidere.Il ricordo della strage di Bologna è una ferita che sanguina ancora perché non c’è ancora tutta la verità. E ogni anno si cerca di confondere le acque provando a dare in pasto ai giornali piste estere che, poi alla prova dei fatti, si dimostrano inconsistenti. O di prorogare la scadenza del segreto di stato, come sta avvenendo in questi mesi, per rendere tutto più difficile e nebuloso. Come Pasolini, sappiamo ma non abbiamo le prove. Non ci basta. Noi chiediamo tutta la verità. Per rispetto di quegli 85 morti e quei 200 feriti, per difendere la Costituzione e la democrazia nel nostro Paese. Perché la strage di Bologna è domani.

Tar del Lazio: grandine sulla Gelmini!

Le ordinanze emesse il 19 luglio dal TAR del Lazio con le quali si dichiara l’illegittimità delle circolari ministeriali su iscrizioni ed organici – adottate prima dell’entrata in vigore delle necessarie norme di legge – e si sospende il taglio delle ore negli istituti tecnici e professionali, sono veri e propri macigni sui provvedimenti con i quali i ministri Gelmini e Tremonti stanno devastando la scuola pubblica.
In entrambi i casi, i pronunciamenti della giustizia amministrativa rendono impraticabile l’attuazione dal prossimo 1° settembre del cosiddetto “riordino” della scuola superiore.
Non ci illudiamo che il governo faccia l’unico atto sensato per ridare un minimo di serenità agli studenti, ai genitori e ai lavoratori della scuola: sospendere a tempo indeterminato l’attuazione della controriforma, come richiesto dal vasto movimento di opposizione che si è sviluppato nelle scuole e nel paese.
Occorre quindi riprendere con più forza l’iniziativa, a partire dai primi giorni del prossimo anno scolastico, collegando le tante mobilitazioni locali e dando vita ad un movimento di massa che si ponga l’obiettivo di difendere la qualità della scuola della Costituzione. Da questo punto di vista, la manifestazione di ottobre indetta dalla Fiom può costituire una occasione importante per saldare le lotte del mondo del lavoro in difesa dei diritti con la battaglia di civiltà in difesa della scuola pubblica.
Anche le istituzioni democratiche, a partire dalle Regioni, possono svolgere un ruolo importante, a condizione che superino le esitazioni di quest’ultima fase e assumano come proprio compito la rappresentanza, in tutte le sedi, degli interessi dei cittadini pesantemente colpiti dagli interventi governativi nel fondamentale esercizio del diritto allo studio.
Alle forze politiche spetta invece il compito di sostenere le mobilitazioni e le lotte e di dar voce all’opposizione sociale nel paese e nelle istituzioni, senza ambiguità di sorta. È un impegno che come PRC intendiamo assumere fino in fondo.

Eleonora Forenza, segreteria nazionale Prc-Se

Vito Meloni, responsabile scuola Prc-Se

Firma l’appello contro la legge Balilla

di Tavola della Pace

Bella educazione! Si tagliano i fondi alla scuola e all’università e s’investe sulla formazione militare dei giovani. Approfittando della manovra finanziaria, il governo ha deciso di stanziare ben 20 milioni di euro per organizzare corsi di formazione delle Forze Armate per i giovani. Il progetto era già contenuto in un disegno di legge in discussione al Senato ma con un emendamento alla finanziaria si fa prima. L’idea del governo è semplice: invitiamo i giovani per tre settimane in caserma, gli facciamo indossare per la prima volta la divisa e gli spieghiamo quanto sia bello far parte delle Forze Armate e andare in missione in giro per il mondo. In questo modo riusciremo a selezionare nuovi volontari per l’arruolamento, ad “assicurare nuova linfa e continuità d’azione” alle associazioni combattentistiche e d’arma e, alla peggio, a promuovere un po’ di sana cultura militare. Dio solo sa, coi tempi che corrono, quanto ne abbiamo bisogno!
Fai sentire la tua voce. Chiama i parlamentari eletti nel tuo collegio e digli di intervenire subito! Unisciti alla Tavola della pace. Diciamo no alla legge Balilla.
E se ci sono 20 milioni per la formazione dei giovani, pretendiamo che siano spesi per educare veramente alla cittadinanza e alla Costituzione ovvero alla pace e ai diritti umani, alla legalità e alla giustizia.

Perugia, 7 luglio 2010

Invia la tua adesione a: segreteria@perlapace.it

Ferrero: La manovra del governo sarà un massacro per il tessuto culturale del paese

Dopo i tagli del ministro Gelmini ai fondi per la scuola e per l’università, dopo i tagli del ministro Bondi a tutta la produzione culturale, arriva la scure di Tremonti sull’intero tessuto culturale italiano.
Si tolgono i fondi pubblici alle più importanti istituzioni culturali e centri di ricerca del nostro paese: dall’Istituto di studi filosofici all’Associazione per la riforma dello Stato, dal Centro di ricerche aerospaziali all’Accademia nazionale delle scienze, dal Centro sperimentale di cinematografia alla “Quadriennale” di Roma, dalla Fondazione Basso all’Istituto Gramsci, dalla Fondazione Einaudi al Gabinetto Vieussieux.
Un elenco lungo 232 tra fondazioni, associazioni, istituti, accademie che senza il finanziamento pubblico rischiano la chiusura.
Un patrimonio di milioni di documenti, ricerche, studi, volumi che rappresenta la storia del nostro paese e che viene sottratto al paese.
Dopo aver tentato di mettere a tacere la cultura e l’informazione, adesso si vogliono tagliare le radici della nostra storia, privatizzare la ricerca e la formazione.
Rifondazione Comunista è al fianco di tutto il mondo della cultura nella lotta contro questa nuova forma di fascismo e di genocidio culturale.

Fanno pagare alla ricerca la loro crisi.

Comunicato della FederazioneDellaSinistra

Indipendentemente da quale sia l’elenco degli enti di ricerca che vengono soppressi e di quelli che sono “solamente” assoggettati a tagli di fondi e di personale che li metteranno in condizione di non
potere funzionare (e su questo punto appare incredibile che CISL, UIL e UGL, i soli sindacati ai quali il governo ha avuto la gentilezza di comunicare i termini della manovra, non dicano quanto sanno), il significato della “manovra anti-crisi” del governo delle destre è evidente: si taglia la ricerca, quella di base quanto quella applicata, che la classe dirigente italiana non ha mai ritenuto un fattore di sviluppo, così come si tagliano la spesa sociale e le risorse degli enti locali. Quanto si salva da questa manovra sono le spese militari, i soldi dati in modo clientelare (infatti nessuno tocca l’Istituto Italiano di Tec nologia di Tremonti, il cui unico progetto di ricerca per ora noto riguarda i robot umanoidi!), le opere pubbliche faraoniche ed inutili quando non dannose (dalle centrali nucleari al Ponte sullo Stretto). In parallelo, si porta avanti una distruttiva “riforma” dell’università pubblica che la trasformerà in un feudo di politicanti e “furbetti del quartiere”, negando nei fatti la libertà di ricerca e di insegnamento ed il diritto allo studio. Così da questa crisi uscirà un’Italia più ignorante, più povera e con un sistema produttivo e politico sempre più simile a quello di un paese del Terzo Mondo, che è esattamente quanto il blocco sociale di riferimento di questo governo ha sempre voluto.
La Federazione della Sinistra si opporrà a questo provvedimento ed a questa politica reazionaria e regressiva a fianco di tutti quanti, lavoratori della conoscenza, studenti, cittadini scenderanno in lotta contro questo scellerato tentativo di fare pagare la crisi di un sistema ingiusto e fallimentare a chi da questo sistema è stato sino ad ora sfruttato.

Fabio de Nardis Responsabile Università e Ricerca Prc-Se

Vito Francesco Polcaro Responsabile Università e Ricerca PdCI

Maria Rosaria Marella Responsabile Università e Ricerca Socialismo 2000

GENOVA 2001: ALLA DIAZ FU TORTURA DI STATO.

Forse Carlo Giuliani oggi è sollevato da un tormento, come lo siamo noi. Ben nove anni dopo quella maledetta afosa notte fra il 21 e il 22 luglio. Hanno ragione Haidi e Giuliano Giuliani, che abbraccio commosso: «non solo a Berlino, anche a Genova un giudice esiste».
Senza trionfalismi: non dimentichiamo i misfatti nella caserma Ranieri di Napoli, né quelli di Bolzaneto a Genova; non dimentichiamo che l’assenza, nel nostro codice penale, del reato di “tortura” (per l’impunità che le destre hanno voluto, anche legislativamente, concedere alle polizie di Stato) non ha permesso che i crimini fossero nominati con il loro vero nome. A Genova segmenti alti dello Stato praticarono torture; per ore e giorni fu sospeso l’ habeas corpus , lo stato di diritto, la democrazia; e per anni e anni nei vertici delle forze di polizia hanno imperversato omertà mafiose e vergognosi depistaggi. La sentenza di Genova asserisce, con ragionamenti giuridici rigorosi e indagini profonde, senza alcuna ombra di preconcetto o demagogico giustizialismo, che a ordinare, progettare, praticare la «macelleria messicana» fu la catena di comando della polizia. Non si trattò di pochi agenti «mele marce».
L’avevamo sempre argomentato e gridato, insieme ai movimenti, nelle piazze e in parlamento; è per nascondere questa verità che le destre, con il determinante appoggio di Di Pietro, ci negarono la commissione di inchiesta parlamentare. La catena di comando, per nome e per conto dello Stato, tentò, con la mattanza di Genova, di impaurire, decapitare, spazzare via il movimento altermondialista; la cui efficacia argomentativa e la cui passione nella critica del potere fece, come è evidente, paura al potere stesso. Vi fu una strategia internazionale contro un movimento che metteva a tema, dopo decenni, l’attualità e la necessità della rivoluzione («un altro mondo è possibile»). Non solo: ribadiamo che, più che mai dopo la sentenza, appare del tutto sgradevole, inopportuno, pericoloso che i funzionari di polizia condannati (tutti promossi, in questi nove anni, ad altissimi gradi e delicatissime responsabilità) siano al proprio posto come se nulla fosse accaduto. Ancora una volta questo governo si dimostra il governo del degrado securitario.
Questa sentenza, in definitiva, è frutto della passione e della determinazione di genitori, di avvocati, di comitati, di piccoli partiti, di donne e uomini che non si sono arresi ai depistaggi e alla violenza di Stato. E’ successo ieri con Peppino Impastato: succede oggi con la mattanza alla Diaz.
E non è che l’inizio.

La controriforma della scuola

Il ritorno della scuola di classe. meno istruzione, meno cultura, meno coscienza.

Per noi, all’istruzione fornita dalla scuola si assegnano due funzioni strettamente connesse: fornire le basi per garantire lavoro e mobilità sociale; ma anche fornire i saperi per sviluppare una conoscenza del realtà e preparare a una partecipazione dialettica alla vita politica, sociale e culturale del paese.

Con la riforma della scuola secondaria imposta dal Governo Berlusconi, assistiamo alla sconfitta di queste speranze e di questi valori. Come rimarca il manifesto dei docenti italiani: “anni di ideocrazia e strategia di distrazione di massa, si sono tradotti per la cittadinanza in un allontanamento crescente dalle tematiche sociali, in disinformazione diffusa, in cancellazione della memoria recente, in superficialità delle conoscenze, in proposizione di modelli privi di qualsiasi spessore culturale”. Ora questo degrado, viene esteso alla scuola, resa perfino peggiore della scuola della Riforma Gentile nel 1923, realizzata durante il fascismo.

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DI PIETRO E L’IDV VOTANO IL FEDERALISMO FISCALE

Di Pietro vota l’ennesima porcata. Sul federalismo intanto viene da Antonio di Pietro un importante via libera, anche se solo in materia di ferealismo demaniale. L’Italia dei Valori dice sì, ma precisa: “non trasgrediamo in alcun modo al mandato elettorale: siamo e restiamo all’opposizione, non abbiamo nulla a che spartire con questo governo e lo si vedrà sulla manovra economica”. La Cisl, con Andrea Bonanni, parla di guai creati da una “bruttura che il governo deve eliminare”,
cioè proprio l’evasione fiscale. Anche perchè non è un criterio di equità che in tempi di crisi paghino solo i dipendenti pubblici. Replica Maurizio Sacconi, ministro del welfare: la manovra è tutta “da discutere”, ed in circostanze come l’attuale è buona norma sentire bene le parti sociali.

Paolo Ferrero: si tratta di una misura molto negativa

Paolo Ferrero, portavoce della Federazione della Sinistra, in una nota afferma: “Il Federalismo demaniale che il governo sta varando in realtà apre la strada alla privatizzazione dei beni pubblici, dalle spiagge in avanti. Si tratta di una misura molto negativa ed e’ gravissima la posizione dell’Italia dei Valori che regge il moccolo al governo su questo tema. Sul Federalismo si sta facendo una enorme opera di mistificazione perche’ viene presentata come il toccasana di tutte le questioni mentre significa semplicemente un taglio della spesa sociale e un aumento delle privatizzazioni. L’esatto contrario di cosa servirebbe per uscire dalla crisi e l’esatto opposto all’obiettivo della campagna referendaria per l’acqua pubblica”.

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Gli elettori dell’IDV in rivolta.

Chi è Roberto Saviano

Definisce “Maroni il miglior ministro dell’interno da sempre in Italia”
“Israele il miglior esempio di stato per la legalità e la sicurezza”
Ora si scopre orgoglioso di essersi formato su ideologi nazifascisti come Ezra Pound, Carl Shmitt, inoltre è anche frequentatore degli stessi “centri” di CasaPound.

Amare ed inaspettate sorprese…

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